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martedì 22 dicembre 2020

BONUS - FINALE SO CHE CI SEI EDIZIONE SELF (2014)

 



Epilogo

 

 

Avevo le mani atrofizzate e la punta del naso ghiacciata, mentre digitavo senza sosta sulla tastiera del computer.

Controllai l'ora sullo schermo.

Ancora mezz'ora e quel venerdì infernale in ufficio sarebbe terminato. I programmi del weekend prevedevano cinema e pizza fuori con le ragazze per questa serata e due giorni alle terme con Melissa.

Ne aveva davvero bisogno.

Erano mesi ormai che lei e Alex provavano ad avere un bambino, ma la cicogna sembrava avesse preso il giro largo prima di arrivare a casa Caputi-Basso per lo sclero di mia mamma Adelina e il nostro che dovevamo sopportarla a ogni pranzo della domenica. 

Forse la cicogna aveva il terrore di incontrare mia madre sul tetto di casa.

Per sicurezza aveva regalato a mia sorella una scorta di test di gravidanza svaligiando tutte le farmacie del circondario. "Per ogni emergenza" diceva lei. 

Se mia sorella mi ascoltava avrebbe dovuto dire ai miei di essere incinta solo quando la pancia sarebbe stata impossibile da nascondere, altrimenti il mio primo nipotino avrebbe assorbito tutte le onde dei neuroni agitati dei futuri nonni. Mio papà si era già alzato di grado il suo ruolo: dal re della griglia era diventato il super nonno in cucina con tanto di stemma di Superman.

Ritornai alla mia relazione, quando il telefono dell'ufficio squillò.

“Dreams&Co, buongiorno” dissi in tono professionale.

“Caputi” tuonò una voce dall'altro capo della cornetta. “Quando imparerai che è una telefonata interna?”

Sabrina Rottweiler Kent con il suo solito cipiglio.

“Sì, scusi Sa..”

“Ti avevo chiesto quella relazione sulla mia scrivania entro le cinque” mi interruppe. “Sono quasi le sei e non ho ancora visto niente.”

Corrugai la fronte. “No, gliela ho inviata. Si vede che c'è un errore sul sistema e..”

“Non mi interessa, fammela avere.”

Tututututu.

Aveva già riagganciato.

Controllai la mia casella di posta, cliccai sulla email sotto processo e la invia – di nuovo-  a Sabrina. Con tanto di notifica di lettura.

Mi lasciai cadere sullo schienale della mia poltrona, il collo indolenzito a forza di scrivere al computer. Mi massaggiai la nuca con le mani, mentre giravo in tondo sulla mia nuova poltrona di pelle nera.

Non avevo avuto nessuna promozione, l'ufficio era rimasto lo stesso come la finestra con vista mattoni rossi, ma almeno La Rottweiler ora mi dava del tu ed ero riuscita a strapparle una poltrona nuova facendo leva sui miei cervicali.

Credetemi, ottenere quel sì era stato come scalare l'Everest col ciclo e una gamba ingessata.

Estenuante e doloroso.

Quando la sedia smise di girare il mio occhio cadde sul secondo cassetto della mia scrivania.

Ridussi gli occhi a due fessure mentre continuavo a chiedermi: “lo apro o non lo apro?”.

Toc Toc.

Il leggero bussare alla mia porta mi salvò in corner.



Marco era appoggiato con un fianco allo stipite della porta, con le caviglie incrociate e le mani in tasca.

“Marco, dove devi andare in spedizione?” chiesi, squadrandolo dalla testa ai piedi. Indossava un Woolrich Parka, il cappuccio calato in testa, le Timberland col pelo e la sciarpa alzata fino agli occhi.

“Non so se hai visto che sta nevicando fuori” riuscii a capire nonostante gli strati di lana che gli coprivano la bocca.

“Non sfottere, amico. Un giorno conquisterò anch'io l'altra ala della Dreams&Co, e allora potrò controllare le previsioni meteo senza una dannata applicazione sul cellulare.” Mi alzai e mi sfregai le mani congelate sul maglione. “Nevica e siamo solo a novembre. Quasi quasi chiedo a Sabrina una settimana di ferie e me ne vado al caldo.”

“Bella idea, vengo anch'io. Che ne dici se intanto ti scaldi con un drink allo Smile con me e José?”

“No, grazie. Devo andare al cinema con le ragazze.”

“Come va la convivenza?”, sorrise divertito.

“Non fare quel ghigno con me! Sai com'è Bea: è… Bea” dissi semplicemente.

Dopo che Christian era volato a New York, Beatrice aveva passato tutte le sere per un mese nel mio appartamento, ogni giorno portando qualcosa da casa sua da lasciare nella cameretta degli ospiti.

Alla fine del mese si era ritrovata con il suo monolocale ormai quasi vuoto e il mio stracolmo di creme, scarpe e vestiti sparsi in ogni stanza. Così le avevo chiesto di venire a vivere con me, con la scusa di dividere l'affitto in due e per poterla tenere d'occhio dopo il matrimonio di Andrea.

Anche se la convivenza si stava dimostrando più impegnativa di avere un cucciolo di cane per casa.

“Sì, conosco il tipo tesoro” annuì Marco. Lui e Bea avevano legato tantissimo, tanto che ora erano loro due ad avere la serata settimanale in giro per locali, senza la restrizione di essere single per parteciparvi. 

Il mio fegato ringraziava.

Io pure.

“Josè mi sta aspettando di sotto, vado prima di trovarlo sommerso dalla neve come uno yeti.” Mi lanciò un bacio con la mano e se andò.

Mi lasciai andare di nuovo sulla pelle morbida della poltrona e chiusi gli occhi.

Non volevo andare allo Smile e ripensare a Christian.

Non dovevo pensare a Christian, punto.

Bea aveva stilato un programma tipo protezione testimoni: una domenica si era presentata con un enorme pacco di sacco delle immondizie e aveva buttato tutto ciò che mi ricordava Christian, aveva confiscato tutti i cd che erano sotto la sua etichetta e cancellato tutte le canzoni che me lo ricordavano da ipod, Iphone e computer.

Era arrivata perfino a impedire a Ludo e Francesco di usare qualsiasi canzone al loro matrimonio che si sarebbe celebrato quella primavera. Era stata Ludo a fare la fatidica richiesta durante i festeggiamenti per il loro quarto anniversario.

Christian, fortunatamente, non aveva aggiornamenti di status da fare su Facebook o Whatsapp, altrimenti sarei rimasta lì ore intere a spiare quando era online, per morire poi ogni volta che lo vedevo in linea senza che mi scrivesse.

Dopo una settimana di elaborazione del lutto, avevo cominciato, così tanto per fare, a digitare il suo nome su Google trovando così pagine e link di sue foto a vari eventi: New York, Los Angeles, cene di beneficenza.

Era stato anche a Milano ma lui, da quella volta allo Smile, non mi aveva più chiamato.

Mi ero ritrovata a controllare internet quasi a ogni ora, pure sul cellulare quando andavo in bagno. Così avevo cancellato l'abbonamento internet sia sul portatile che sul telefonino.

Faceva parte del Gioia rehab parte seconda.

Come una drogata in astinenza della sua dose, all'inizio della mia disintossicazione ero ossessionata da Kelly. 

Mi sembrava di vedere Ghibli ovunque andassi, ero convinta anche di averlo visto una sera al Gotha, durante la festa per salutare i ragazzi dei Sounds che partivano per la tournée all'estero.

Quella fu l'ultima volta che vidi Matteo. Fui abbastanza chiara, facendogli capire che non doveva chiamarmi più. Avevo visto un articolo sui Sounds qualche giorno fa dalla mia estetista. Il disco era in cima alle classifiche in tutta Europa e ora si preparavano per il mercato americano con un tour e un nuovo album promosso dall'etichetta Sound&K, dopo il licenziamento del loro storico manager.

Christian aveva avuto ragione e aveva vinto la battaglia.  

Che fine aveva fatto Mister Copertina?

Lui non mi aveva chiamato ed io ero stata tentata di telefonargli, un'infinità di volte.

Avevo aperto la rubrica sul suo numero e poi uscivo.

Entravo e uscivo.

Non trovavo mai il coraggio di fare quella telefonata.






Poi quel briciolo di coraggio si smorzò del tutto quando accompagnai mia mamma da Giusy, la parrucchiera del famoso taglio alla The Fab Four. Io stavo leggendo il mio solito articolo su come perdere i chili di troppo, cosa che l'abbandono di Christian aveva agevolato, quando Adelina aveva mollato un urlo sotto il casco.

Con il colore che colava ovunque aveva iniziato a girare per tutta la stanza sbraitando e bestemmiando.

Mia mamma, donna di chiesa capite?

Alla fine si era avvicinata a me, mostrandomi la pagina di una rivista. Era scioccata come se avesse visto la Madonna.

E capii cos'era che l'aveva traumatizzata così tanto.

C’era un articolo di sei pagine su Christian e Chantal. Erano insieme a New York a una raccolta fondi per un'associazione umanitaria. 

Vi avevo detto che era un servizio di sei pagine?

Lei bellissima, elegantissima, abbronzatissima e magrissima.

Lui stronzissimo, fottutissimo, cazzutissimo e bellissimo.

Da togliere il fiato come sempre.

Il giornalista parlava di rumor insistenti di nozze, notizia non confermata dai due come la loro relazione.

Non so come riuscii a trovare la forza per calmare mia madre, dicendole che se stavo ancora con lui a quest'ora sarei stata io su quel giornale, a New York e non con lei da Giusy, la parrucchiera del paese. Riuscii anche a strapparle la promessa che non avrebbe detto niente a papà, ma a caro prezzo. Sarei dovuta andare tutte le domeniche e pure una sera a settimana da loro a mangiare.

Data di scadenza da definire.

Così mentre io ero ancora in stand by, Christian stava andando avanti con la sua vita e, a quanto sembrava, anche con Chantal. Anche se lui stesso mi aveva sempre detto di non dare retta ai giornali di gossip.

Da quel giorno giornali, riviste, Google e qualsiasi cosa avesse a che fare con Christian erano bannati.

Tranne…

Aprii il cassetto e sorrisi triste.

Drin.

Guardai l'ora sullo schermo e risposi, sapendo già chi avrebbe sbraitato dall'altra parte del telefono.

“Muovi quel cazzo di culo e vieni a casa a prendermi, Gioia Caputi.”

“Bea, sono felice anch'io di sentirti.” Presi il mouse e spensi il computer.

“Gioia, se non ti sbrighi non troveremo più biglietti” urlò.

“Abbiamo già prenotato” dissi divertita.

“Finiranno i popcorn” ribatté. Sembrava una bambina che faceva i capricci. Melly avrebbe potuto fare pratica con lei prima di avere un bambino.

“Al cinema non finiscono mai i popcorn, Bea!” Mi appoggiai alla poltrona e risi di gusto.

“Gioia, se non esci di lì entro cinque minuti e non vedo il tuo culo passare la porta di casa nostra, giuro che ti faccio dormire sul divano.”

“Smettila! Sto arrivando” sorrisi. “Dammi venti minuti e arrivo.”

“Quindici” disse senza possibilità di replica. “Solo perché nevica.” E riagganciò.

Stavo per infilarmi il cappotto quando mi ricordai del cassetto aperto.

L'occhio mi cadde sull'ipod nell'angolo.

Lo avevo lasciato lì in ufficio, altrimenti Bea mi avrebbe confiscato anche quello. Ogni tanto facevo la mia solita fuga in bagno e riascoltavo le nostre canzoni.

Praticamente, mandavo letteralmente a cagare la mia riabilitazione da Christian Kelly.

Sfiorai con le dita il post-it che mi aveva scritto mesi fa, la sua calligrafia maschile. Tirai in fuori il cassetto un po' di più, alzai alcuni fogli che avevo sparso e presi l'agendina che mi aveva regalato Melissa.

Aprii la prima pagina e sorrisi, leggendo quelle poche frasi che avevo scritto, qualche giorno fa, nero su bianco.

Sì, mi c'era voluto un po' per capire cosa volevo.

 

“C'era una volta Gioia Caputi, una ragazza che credeva nell'amore e sul quale ancora ci avrebbe scommesso le palle, oggetti non ben identificati nell'universo. Viveva in una tranquilla, mica tanto, Terra di Mezzo circondata dall'amore, a volte soffocante, della sua famiglia e degli amici di sempre.

Bea, Melly e Alex, Ludo e Francesco, Marco e Josè.

Nonostante sia caduta molte volte nel tranello dell'amore, lei ci credeva ancora perché lo vedeva e lo toccava tutti i giorni.

Negli occhi dei nonni, in quello dei suoi genitori, negli abbracci e nei sorrisi dei suoi amici.

Il principe azzurro sarebbe arrivato, non necessariamente in sella ad un cavallo bianco…

Intanto Gioia avrebbe vissuto la sua vita, con il sorriso sulle labbra e la convinzione che tutto sarebbe andato bene…

Bastava crederci.”

 

 

Non era un lieto fine, la classica favola che iniziava con il principe che salvava la principessa e il vissero felici e contenti per sempre nel loro castello.

Non tutte le favole dovevano iniziare per forza con un principe azzurro come eroe principale della storia. Nell'era 2.0 la principessa si poteva salvare da sola, con lo spirito giusto per iniziare una favola nuova, la sua, magari senza scrivere la parola fine, ma andando solo punto e a capo.

Chiusi il quaderno e lo riposi nel cassetto, vicino all'ipod di Christian. Lo spinsi decisa con un tonfo, indossai a fatica il cappotto sopra al maglione ingombrante di lana e corsi fuori dall'ufficio, sotto la neve che aveva già ricoperto di coltre bianca la strada.

Misi le cuffie nelle orecchie e mi incamminai al parcheggio, cercando di restare in equilibrio sulla neve che si stava sciogliendo in poltiglia.

Sì, una settimana al caldo era quello che ci voleva.

Attaccai a tutto volume la canzone che da mesi era diventata il mio mantra e mentre Nesli cantava che la fine non sarebbe mai arrivata, sorrisi.

Aveva ragione.

Era sempre un nuovo inizio.

1 commento :

  1. Mi chiamo Melania macron ho 35 anni. anni mi sono sposato all'età di 31 anni ho solo un figlio e vivevo felicemente. Dopo un anno dal mio matrimonio il comportamento di mio marito è diventato così strano e non capisco davvero cosa stesse succedendo, ha fatto le valigie fuori di casa per un'altra donna lo amo così tanto che non mi sogno mai di perderlo, cerco il mio possibile meglio assicurarmi che mio marito torni da me ma tutto inutilmente, piango e piango in cerca di aiuto, ne ho discusso con la sua famiglia ma non ho avuto risposta. quindi la mia migliore amica Cynthia e lei promettono di aiutarmi . Mi ha detto di un uomo chiamato Drosagiede, mi ha detto che è un uomo molto grande e un vero uomo di cui ci si può fidare e non c'è nulla riguardo ai problemi d'amore che non può risolvere e mi ha detto come ha aiutato un numero infinito di persone in ripristinare la loro relazione. Ne ero davvero convinto, ho subito contattato il suo indirizzo email doctorosagiede75@gmail.com o il suo WhatsApp e viber al +33753154980. Gli spiego tutto il mio problema, mi ha detto che non dovevo preoccuparmi che tutti i miei problemi vengano risolti immediatamente. Mi ha detto cosa fare per riavere mio marito e l'ho fatto, ha detto che dopo 3 giorni mio marito tornerà da me e inizierà a chiedere l'elemosina, ed è successo davvero come ha detto, sono rimasto molto sorpreso, è così sorprendente. A Dio sia la gloria il nostro rapporto è ora molto stretto e viviamo entrambi di nuovo felici. Se hai un problema simile, contattalo ora e chiedi di risolverlo una volta per tutte. sono una testimonianza vivente di

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