Christian Kelly ha sempre avuto tutto sotto controllo: basta un suo sguardo per intimorire gli avversari, una sua parola per incutere rispetto e ammirazione.
Non avrebbe mai immaginato di innamorarsi di Gioia Caputi, ma è stata la cosa più semplice che gli sia mai capitata. É stato inevitabile.
Dopo aver conquistato, non senza difficoltà, il suo cuore, ora sono finalmente una coppia.
Hanno lottato, abbattuto muri, si sono confessati le loro più temibili paure, ed è arrivato finalmente il momento per Christian di farla sua per sempre.
La loro storia d’amore è nata tra gli uffici della Dreamsart, ma è nella magica cornice di New York che Gioia e Christian si sono completamente messi a nudo, fino a capire di non poter più vivere l’uno senza l’altro. E proprio nella Grande Mela verranno celebrate le loro nozze.
Tra i preparativi di quello che si preannuncia come l’evento mondano dell’anno, dubbi e battibecchi in vero stile Gioia e Mister Copertina, Christian Kelly ha però in serbo per il suo uragano un’ultima grande sorpresa.
Non avrebbe mai immaginato di innamorarsi di Gioia Caputi, ma è stata la cosa più semplice che gli sia mai capitata. É stato inevitabile.
Dopo aver conquistato, non senza difficoltà, il suo cuore, ora sono finalmente una coppia.
Hanno lottato, abbattuto muri, si sono confessati le loro più temibili paure, ed è arrivato finalmente il momento per Christian di farla sua per sempre.
La loro storia d’amore è nata tra gli uffici della Dreamsart, ma è nella magica cornice di New York che Gioia e Christian si sono completamente messi a nudo, fino a capire di non poter più vivere l’uno senza l’altro. E proprio nella Grande Mela verranno celebrate le loro nozze.
Tra i preparativi di quello che si preannuncia come l’evento mondano dell’anno, dubbi e battibecchi in vero stile Gioia e Mister Copertina, Christian Kelly ha però in serbo per il suo uragano un’ultima grande sorpresa.
Gioia
Odiavo prendere i taxi a New York.
I taxisti guidavano come spericolati, incauti, col piede premuto
costantemente sull’acceleratore; sfrecciavano a tutta velocità nel traffico,
zigzagando tra biciclette e pedoni, e mi ritrovavo così ogni volta ad
aggrapparmi alla maniglia della portiera con tutta la forza che avevo, pregando
per la mia vita. Non riuscivo mai a godermi appieno la città vibrante di vita
ed energia che scorreva fuori dal finestrino e che da un anno rispondeva al
nome di casa.
Solitamente avrei preso in mano il mio cellulare e avrei
smanettato sui social per distrarmi, per non scendere e salire al posto del
guidatore. Ma non oggi.
Avevo i palmi sudati che strusciavo continuamente sul vestito, e
la corsa del mio cuore era impennata come il contachilometri del yellow cab che si stava avvicinando
sempre di più agli uffici della Redding & Lowes Associates sulla
ventiquattresima.
C’erano due cose che desideravo ardentemente, e una era la
posizione di copywriter per la quale stavo per fare il colloquio. Mai nei miei
sogni avrei immaginato di vivere dall’altra parte del paese, in una città che
sembrava appartenere a un’altra galassia e, forse, in corsa per un possibile
lavoro in una delle agenzie più importanti non solo degli Stati Uniti, ma del
mondo.
Avevo la sensazione che questo impiego per Dean Redding mi potesse
cambiare la vita. Mi ero sentita così solo un’altra volta nella mia esistenza:
quando i miei occhi avevano incrociato quelli caldi e vellutati come cioccolato
fuso dell’uomo che amavo.
Christian Kelly. Ancora oggi, quasi due anni dopo il nostro
incontro nella sala d’attesa dell’aeroporto Marco Polo di Venezia, il solo
pronunciare il suo nome mi stringeva lo stomaco e scatenava in me un desiderio
quasi disperato. Fin dal primo momento i nostri occhi si erano inseguiti con la
paura di incrociarsi e di leggere riflesso quello che noi stessi non volevamo
ammettere: eravamo l’uno la metà perfetta dell’altro. Dietro il suo aspetto
tenebroso, oltre la maschera da playboy, si celava l’uomo per il quale avevo
lasciato la mia vecchia vita, e lui ogni giorno non mi stava facendo
rimpiangere quella scelta.
La frenata brusca del taxi mi strattonò all’indietro sul sedile e
mi riportò immediatamente alla realtà.
Attraverso il finestrino studiai l’edificio imponente che si
stagliava contro il cielo limpido di New York. Era una mattina fredda d’inverno
percorsa da un venticello gelido quando scesi dalla macchina. Pagai con mani
tremanti il conto stratosferico e, col naso all’insù, studiai il palazzo in
stile art déco che con la sua guglia pungeva il cielo come uno spillo.
Lasciai dietro di me gli odori e i rumori della metropoli, passai
le porte scorrevoli ed entrai in un mondo interamente rivestito di marmo, dal
pavimento alle pareti. I tacchi delle mie Louboutin risuonavano nella quiete di
quell’ambiente, sovrapponendosi al battito furioso del mio cuore.
Con le mani leggermente umide, mostrai il documento d’identità
all’addetto alla sicurezza e, quando mi consegnarono il badge da visitatore,
mentalmente mi ripetei qualche nozione tibetana sulla respirazione della mia
amica Andrea.
Mi avvicinai agli ascensori, col passo tutto fuorché fermo. Mi
stavo pentendo di aver messo i tacchi, ma volevo fare un’ottima impressione
quel giorno. Avevo già svolto diversi colloqui per varie agenzie pubblicitarie,
ma mettere le mani su quel lavoro equivaleva a vincere alla lotteria. La
Redding & Lowes Associates era sempre stata considerata come un’agenzia old school, ma con l’entrata in scena di
Redding junior, figlio del fondatore, era riuscita in poco tempo a
reinventarsi. Dean aveva portato nuova linfa vitale alla società, ricevendo
moltissimi riconoscimenti tra cui quello come agenzia più innovativa al mondo,
ed era ora considerata una delle migliori nel campo dell’advertising.
Nell’ultimo anno mi ero presa del tempo per ambientarmi, poi con
la nascita di mia nipote Giorgia e la morte della madre di Beatrice avevo
trascorso del tempo nella mia vecchia casa dall’altra parte del mondo. Ma era
arrivato il tempo di dispiegare le ali, nonostante Kelly continuasse a
insistere di lavorare per la Sound&K.
Era fuori questione. Un conto era saper gestire Christian come
fidanzato, ma non volevo assolutamente che gli affari s’intromettessero nel
nostro rapporto e che gli strascichi del lavoro ci seguissero fin dentro le
quattro mura di casa.
Quando il trillo mi avvisò dell’arrivo dell’ascensore, mi
affrettai a entrare e mi ripetei tutto il discorso di presentazione che mi ero
preparata e che avevo ripassato con Kelly per tutta la serata. Serata che era
finita con gli occhiali e il mio curriculum che avevano preso il volo e con il
mio fidanzato che mi aveva chiuso la bocca con uno dei suoi baci da Dio!
Avvampai al ricordo della scorsa notte, ma, appena raggiunsi il
trentaduesimo piano e vidi l’entrata in vetro della Redding & Lowes
Associates, una scarica di adrenalina mi scosse il corpo e mi chiesi titubante
se il mio aspetto fosse troppo poco curato. Ero già abituata alle Barbie che
lavoravano alle dipendenze del mio fidanzato, ed ero ben consapevole del mio aspetto
poco aggraziato e slanciato. Ma per Dio, avevo conquistato lo stesso uno dei
migliori partiti dell’isola, avrei saputo gestire alla grande la situazione e
non mi sarei fatta intimidire!
Feci un respiro profondo e mi avvicinai alla reception, dove
mostrai il badge alla ragazza sorridente dietro il bancone. Aveva i lineamenti
afro, i capelli erano una cesta di riccioli neri e gli occhi color espresso. Mi
registrai e mi rintanai in un angolo, appoggiata contro il muro, anche se la
sala d’attesa era stranamente vuota, insinuandomi il dubbio che avessi
sbagliato giorno.
Ero in anticipo di diversi minuti, ma volevo fare colpo su Redding
e Lowes. Avevo raccolto i capelli in uno chignon morbido che mi sfiorava la
nuca, avevo scelto un abito semplice e nero, accompagnato dalle mie fidate
décolleté.
Mi guardai attorno, circondata da pareti ricoperte di foto con le
più importanti campagne pubblicitarie svolte dall’agenzia, ma non riuscivo a
godere appieno della magnificenza e dell’imponenza che trasudavano da ogni dettaglio
di quell’ambiente.
Ero sulle spine. Ogni volta che sentivo una porta aprirsi o il
telefono squillare mi si mozzava il fiato dal nervosismo. Avevo la pelle
accaldata e leggermente imperlata di sudore. Almeno, pensai, il nero avrebbe
nascosto qualsiasi alone imbarazzante.
“Signorina Caputi.”
Balzai in avanti colta alla sprovvista e quasi persi l’equilibro
sui tacchi, quando la voce della addetta alla reception fece il mio nome. La
seguii lungo un altro corridoio, e, nascosta alla sua vista, mi passavo
ripetutamente i palmi umidi sul tessuto dell’abito. Ero talmente incantata a
seguire il suo passo aggraziato su quell’impalcatura –come si ostinava a
chiamare Kelly le décolleté - che quasi andai a sbatterle contro quando si
fermò davanti a una porta a doppio battente.
“Buona fortuna” mi sorrise indicandomi l’entrata che portava al
regno di Dean Redding.
Ne avrò bisogno.
“Grazie.”
Oltrepassai la porta, il corpo teso come una corda. Quante volte
mi ero trovata in quella stessa situazione con la Regina dei Ghiacci, Sabrina
Kent? A tremare davanti al suo cospetto? Ripensare alle sue scenate da
dittatore mi infuse un po’ di sicurezza: sfoggiai così un sorriso smagliante
(ma sempre tremolante) e mossi il primo passo dentro la stanza.
Subito l’odore di caffè appena tostato mi solleticò le narici, ma
poi la mia attenzione fu tutta per il CEO della compagnia seduto dietro
l’enorme scrivania di noce che occupava il centro dello studio. L’uomo
attraente, con la pelle luminosa e leggermente abbronzata per essere febbraio,
con gli occhi color verde smeraldo e la barba che non vedeva il rasoio da
qualche giorno, non aveva nulla da invidiare alla vista mozzafiato alle sue
spalle. Anzi, lo rendeva se possibile ancora più potente e intimidatorio.
“Buongiorno, Gioia.”
Si alzò dalla sedia, girò attorno alla scrivania e camminò verso
di me. Era alto, indossava il vestito di alta sartoria con nonchalance, come se
andasse pure a fare jogging in completo Armani. Il suo sorriso un po’ storto
ispirava però fiducia e non intimidazione, e si allargò distendendo così i
lineamenti squadrati del suo viso quando mi tese la mano.
“Buongiorno, Signor Redding.”
“Chiamami pure Dean e non darmi del lei, per favore. Non sono
ancora così vecchio.” Mi strizzò l’occhio, un angolo della sua bocca era
leggermente sollevato, e mi ritrovai a stringere la sua mano leggermente più
sollevata e a mio agio. “Prego, siediti. Posso offrirti qualcosa da bere?”
“No, grazie.” Scossi la testa, avevo lo stomaco chiuso in una
morsa e la gola arsa dall’agitazione. Presi posto su una delle sedie di pelle e
metallo di fronte alla scrivania. L’uomo aspettò che mi accomodassi, prima di
tornare alla sua poltrona e lasciarsi andare comodamente contro lo schienale.
“Vieni dall’Italia, giusto? Ci sono stato diverse volte in
vacanza, splendida. Non ti manca?”
“Mi manca la mia famiglia, ma qui a New York ho tutto quello di
cui ho bisogno.” La vista che avevo tutti i giorni appena sveglia era più
mozzafiato dello scorcio di grattacieli che scorgevo alle spalle di Dean.
Per alcuni istanti rimasi a guardarlo, ammirai le sue mani
affusolate spostare un plico di fogli dalla scrivania e prendere quello che
presumevo fosse il mio curriculum. Tenevo gli occhi fissi sul costoso Rolex
d’oro che adornava il suo polso per evitare di incrociare i suoi occhi.
Ero nella stessa stanza con Dean Redding e la mia vita lavorativa
dipendeva unicamente da lui. Da lì a poco avrei scoperto cosa ne sarebbe stato
di me: sarei stata gentilmente congedata con un le faremo sapere, oppure avrei svolto il lavoro per cui
l’università mi aveva preparata. O forse mi avrebbero assunta per tostare il
caffè e ritirare i suoi completi dalla tintoria. Non ero esattamente alle prime
armi, ma la Dreamsart era solo un piccolo pesciolino in un mare di pescecani.
“Allora, Gioia… So che sei qui per il posto da copywriter.”
Annuii, incapace di sillabare delle lettere, la gola troppo secca.
“Come avrai potuto notare, oggi non ci sono altri candidati perché
abbiamo già trovato la persona che cercavamo per questa candidatura.”
“Oh…” Non avrei ottenuto quel lavoro. Non avevo ancora detto nulla
per convincerlo ad assumermi che ero già stata congedata. “Mi dispiace, tenevo
moltissimo a questo posto. Ci tengo ancora” specificai, alzandomi ritrovando
l’uso della parola. “So di essere molto giovane e che mi manca ancora tanta
esperienza in questo campo, ma lavoro con passione, so gestire il lavoro di
gruppo e non temo la pressione. Non avrò un curriculum vitae corposo e so che
ho ancora tanta gavetta da fare, ma mi impegno in quello che faccio dando tutta
me stessa, sempre, e il successo delle campagne per cui ho lavorato lo
dimostrano.”
Avevo parlato come al solito tutto d’un fiato, ma almeno volevo
che gli fosse chiaro, prima di uscire da quella porta, a chi stava rinunciando.
Ero giovane, ma avevo già fatto molte cose. Non avrei mai pensato di dirlo, ma
era tutto merito di Sabrina che mi aveva dato fiducia lasciandomi lavorare per
campagne pubblicitarie importanti, tra cui quella per la casa discografica di
Kelly e dei Sounds, il gruppo musicale del mio ex. In pochi anni mi ero
laureata, avevo trovato lavoro nella sua agenzia pubblicitaria e mi ero fatta
un nome, seppur piccolo, nelle retrovie.
Avevo solo ventisei anni e se oggi ero qui alla Redding &
Lowes Associates per un colloquio di lavoro lo dovevo a Sabrina, un po’
all’insistenza del mio fidanzato, ma soprattutto a me stessa.
Dean mi guardò, gli angoli della bocca fremevano nel tentativo di
nascondere un sorriso. “Hai ragione ed è per questo che il posto è tuo.”
“Davvero?” ribattei incredula. Mi lasciai cadere di nuovo sulla
sedia, perché le mie gambe vacillarono sui tacchi a spillo. “Credevo… credevo
che avesse detto, che avessi…”
Respira, Gioia.
Respira.
Lui sorrise di nuovo. “Ti sei laureata con ottimi voti, sei giovane
ma hai saputo destreggiarti tra diverse campagne pubblicitarie di nota. Poi ho
sentito grandi cose su di te.”
Forse sul mio viso si dipinse un’espressione stupita o stupida,
perché continuò.
Aprì il mio curriculum, sfogliando lentamente le pagine. “Sono
uscito a pranzo qualche giorno fa con il tuo fidanzato.” Alzò gli occhi su di
me, mentre io raggelavo sulla poltrona. “Ha avuto solo parole d’elogio per il
tuo modo di lavorare. Conosco Kelly da una vita e mi fido del suo acume negli
affari. Ho capito che non dovevo lasciarmi sfuggire la possibilità di averti
nel nostro team, Gioia.”
Mi schiarii la gola, combattuta se esultare o se lasciare che quel
piccolo dubbio che stava nascendo dentro di me prendesse piede. Era possibile
che Kelly mi avesse spianato la strada?
Ruppi il silenzio che era calato nell’ufficio. “Quindi il posto è
mio?”
Dean mi studiò, senza mai rompere il contatto visivo mentre
continuava a sfogliare le pagine dove avevo riassunto la mia vita in Times New
Roman. “Ti aspetto lunedì alle nove qui in ufficio. L’altro mio socio, Lowes, è
nella filiale di San Francisco. Dovrai rispondere solo a me, non dovrai fare
fotocopie, preparare caffè o gestire amanti incavolate. Conoscerai gli altri
ragazzi della squadra solo settimana prossima, perché al momento non ho lavori
da farti fare. Ci vorrà un po’ per trovare l’affiatamento e il giusto ritmo, ma
sono sicuro che insieme faremo grandi cose.” Chiuse di colpo il mio fascicolo e
si appoggiò sorridente contro lo schienale della poltrona. “Benvenuta a bordo
della Redding & Lowes Associates!”
“Non vedo l’ora” risposi con una mezza risata, cercando d’ignorare
il percorso malefico dei miei pensieri. Invano.
***
Dopo aver firmato alcuni moduli e aver salutato Dean, uscii dal
palazzo e mi precipitai in strada. Mi fermai sul marciapiede e respirai a
fondo, il freddo pungente si insinuò tra le pieghe del cappotto.
Immediatamente la cacofonia, gli odori che provenivano dai food truck e l’energia di New York mi
avvolsero. Ero a pochi isolati dal Madison Square Park, una vera e propria oasi
verde nel cuore della città, lontana dal traffico caotico di Broadway.
Nonostante abitassi qui da quasi un anno, mi si leggeva in viso che non ero una
vera newyorchese. Non tanto per il mio accento italianizzato, ma più per lo
stupore e gli occhi sgranati con cui mi guardavo sempre intorno.
Il caffè d’asporto di Starbucks, il fumo che saliva dai tombini, i
venditori di hot dog, i musicisti che si esibivano in ogni angolo di cemento
libero. Per me era ancora tutto nuovo. Sbattevo ancora gli occhi rapita davanti
ai palazzi che si stagliavano in cielo, osservavo rapita i fiumi di persone che
attraversavano la strada pronte ogni giorno a dare vita al proprio sogno, e mi
paralizzavo sul marciapiede quando il ruggito della metro sottostante mi
sorprendeva all’improvviso. Per me era romantico e da film pure vedere un
fattorino scendere da un pony express e consegnare dei pacchi.
Ero a New York, nella città dei miei sogni, vivevo con un uomo che
superava qualsiasi fantasia e da lì a qualche giorno avrei iniziato a lavorare
per una delle agenzie pubblicitarie più note e valide al mondo.
Avrei dovuto saltare dalla felicità, invece no. Il dubbio che
avessi ottenuto il lavoro alla Redding & Lowes Associates solo perché
Christian mi aveva raccomandata mi stava dilaniando.
Tendeva a essere un maniaco del controllo, era abituato a ottenere
quello che voleva: bastava un suo sguardo per intimorire gli avversari, una sua
parola per incutere rispetto e ammirazione. Aveva lottato anche per me, non
aveva demorso nonostante la mia reticenza, la mia lingua biforcuta o gli
stratagemmi subdoli della sua ex per dividerci.
Mi amava alla follia, me lo dimostrava costantemente. Capivo il
suo desiderio di vedermi appagata, ma non fino al punto di farmi assumere solo
perché sua fidanzata. Eravamo una coppia, una squadra, e dovevamo prendere insieme le decisioni. Sapeva del mio
colloquio con Dean e non me ne aveva parlato. Ieri sera aveva ascoltato tutte
le mie paranoie, ma aveva continuato a omettere di esser stato a pranzo con il
mio futuro capo. Anzi, mi aveva detto che l’incontro sarebbe andato alla
grande, che avrei fatto sicuramente un’ottima impressione e poi mi aveva
zittito scopandomi e regalandomi due orgasmi.
Tipico di quel cavernicolo che avevo come fidanzato.
Sapevo che voleva solo proteggermi e rendermi felice, ma, se lui
continuava ad agire così, la nostra relazione non avrebbe funzionato alla
lunga. Sentivo la necessità di essere indipendente e di dimostrare quanto
valevo per la mia intelligenza, determinazione e passione. Non per la persona
con la quale andavo a letto insieme.
Era una linea che dovevo tracciare da tempo. Fu questo il mio
pensiero quando salii su un taxi e chiesi di portarmi agli uffici della
Sound&K.
Scorsi fuori dal finestrino una coppia di anziani tenersi per mano
e baciarsi davanti i tornelli di un edificio. Fantasticai immediatamente su noi
due fra diversi anni, sognandoci come quei due vecchietti legati ancora da un
amore forte, dirompente, e drogati uno dell’altro come ora.
Sorrisi a quell’immagine. Avevamo sconfitto demoni peggiori, abbattuto
muri più invalicabili di questo; c’erano cose che non potevano essere distrutte
e una di queste era l’amore che provavamo io e Christian.